Cari amici wine lovers,
è da un po’ di tempo che non mi faccio vivo… però ho una giustificazione molto valida: ho creato una nuova vigna di circa 10 ettari, un insieme di barbatelle di Chardonnay, Bianchetta e Glera piantumate in sapienti e diverse percentuali.
Ho voluto seguire un mio progetto, la creazione di una vigna che produca uva di qualità atta a dare il nostro amato Cuvee Prima Stella… ma di questo parleremo più avanti.
Parliamo invece della “barbatella” questa sconosciuta, una piccola piantina di vite che dà inizio al futuro vino e che non si definisce “piantina di vite” ne tantomeno “talea” ma si definisce proprio con un nome appropriato e preciso che è BARBATELLA! Non tutti forse sanno che il suo nome deriva da un tralcio di vite che, messo in determinate condizioni, emette le “barbe” vale a dire le radici.
Ma come viene ricavata? La Barbatella si ottiene da una vite adulta, da cui viene tagliato un piccolo tralcio; successivamente questo tralcio viene interrato in particolari casse dette “di forzatura” contenenti terreno, sabbia e, a volte anche segatura, e viene innaffiato affinché dall’estremità tagliata si sviluppano le radici, la cosiddetta “barba”. Una volta sviluppate le radici, il tralcio iniziale divenuto Barbatella è autonomo a tutti gli effetti e può essere messo a dimora con i suoi simili per creare il futuro vigneto.
Normalmente le barbatelle si trovano già innestate sul mercato; ciò significa che sono ottenute dall’unione di due tralci distinti innestati tra di loro chiamati bionti. La parte inferiore è chiamata portainnesto ed è quella che genera l’apparato radicale mentre la parte superiore è detta nesto e costituirà la futura chioma, ovvero la parte che darà i frutti.
Il motivo di tale innesto va cercato nel passato, e precisamente 150 anni fa, quando in Europa fece la sua comparsa un parassita proveniente dal Nord America, chiamato Fillossera. Il parassita, seppur provocando modesti danni alle radici delle viti americane, o vitis rupestris, risultava particolarmente fatale per le viti europee, o vitis vinifera, che dopo quattro o cinque anni dall’attacco morivano.
L’unione dei due pezzi di tralcio ha risolto il problema: le radici robuste di vitis rupestris insensibili ai danni della fillossera per l’apparato radicale e le chiome gentili di vitis vinifera per produrre uve di qualità.
Il portainnesto ha risolto anche altre problematiche, una su tutte l’eccesso di vigoria: infatti, unendo un portainnesto americano con vigoria ridotta possiamo mitigare un nesto europeo con eccessiva vigoria.
Adesso vi devo lasciare… purtroppo questa è una stagione poco piovosa, ci sono tutti i presupposti per un’ottima annata, ma la vigna appena piantumata deve affrancare le radici ed ha bisogno di molta acqua e quindi vado di corsa ad irrigare… vite per vite… una per una …pian pianino…
La mia vigna, che appartiene a me, è a mia disposizione
Salomone, re d’Israele
(1020 a.C.)